Il ‘tuffo’ di un MOT nella Suprema Corte
MEMORIE DI UN MOT: UN TUFFO NELLA SUPREMA CORTE
Poco più di mese fa abbiamo saputo che saremmo andati a fare uno stage presso la Corte di Cassazione. Emozionata per la notizia, aspettavo con ansia che arrivasse il momento di varcare la soglia della Suprema Corte, questo luogo solenne simbolo della nostra giurisdizione. Per la verità speravo con tutto il cuore che non si risolvesse solo in una visita del palazzo o in didattiche relazioni frontali, ma che davvero ci fosse dato accesso, seppur per un istante, al cuore della Corte: l'attività giuridica quotidiana. Quando ho ricevuto il programma, a ridosso della partenza, ero al settimo cielo: tra le altre attività era prevista l'assistenza a due udienze con accesso alle relative camere di consiglio, un'occasione da non perdere e forse unica nell'arco dell'intera carriera. Già durante il viaggio in treno mi chiedevo come sarebbe stato l'ambiente della Corte: chissà se potremo parlare con i consiglieri, se la nostra presenza sarebbe stata gradita o semplicemente "tollerata", chissà come davvero si formano le decisioni che poi costituiscono un punto di riferimento per tutti i giudici di merito...
A dire la verità un'idea ce l'avevo, ma di certo non immaginavo l'accoglienza e l'entusiasmo che ci è stato riservato. Dopo la prima giornata introduttiva, nella quale, peraltro, ci hanno accolti anche il Primo Presidente della Corte ed il Procuratore Generale, siamo stati assegnati a gruppi alle singole sezioni in base alla materia relativa alla funzione che andremo a breve a ricoprire. Personalmente ho assistito ai lavori della prima e della seconda sezione civile, dovendo svolgere questa funzione presso il Tribunale di destinazione. Devo dire che l'impatto è stato da subito molto positivo, a partire dall'assoluta puntualità dell'udienza (inizio alle dieci, non un minuto prima, nè un minuto dopo, come ci era stato più volte raccomandato dai referenti), dalla solennità del rito, e dalla giusta proporzione tra il diritto degli avvocati di avere parola e discutere il proprio ricorso e le contingenti esigenze d'udienza. In particolare mi ha colpito l'atteggiamento della Corte, solenne ma sempre cordiale e collaborativo, attento anche alle esigenze dei singoli difensori, nonché gli interventi, veri, del Procuratore Generale, spesso molto articolati ed approfonditi.
Ed eccoci immersi nella camera di consiglio, il vero specchio dell'attività della Corte. Da subito siamo stati accolti con entusiasmo, gli illustri colleghi si sono adoperati per far cadere qualsiasi "muro" di facciata e metterci a nostro agio (alcuni ci hanno perfino accolto al nostro arrivo con caffè e brioches!). Nella ritrovata umanità di queste persone, che agli occhi di un semplice M.O.T. appaiono una sorta di "mostri sacri" del diritto, sono stata rapita dalle discussioni, dal continuo e minuzioso confronto giuridico dedicato ad ogni questione, facendo trasparire la necessità di attribuire pari dignità giuridica ad ogni singolo motivo. Forse la nostra partecipazione attiva al dibattito era permessa, ma la finezza delle dissertazioni probabilmente hanno imbarazzato i nostri animi, impegnati solo a registrare più informazioni possibili provenienti dalla più straordinaria fonte del diritto: il vero dibattito giuridico. Lo stesso presidente di ogni collegio al quale ho assistito era preparatissimo, seguiva con attenzione l'andamento dei lavori, intervenendo con la precisione di chi ha studiato approfonditamente tutti i ricorsi. I consiglieri hanno sempre avuto un occhio di riguardo per noi, specificando dei concetti che altrimenti non avrebbero approfondito e rendendoci partecipi anche dei frammenti di colloquialità che connotano l'informalità della camera di consiglio.
Ci è sempre stato detto che non bisogna perdere l'entusiasmo, vero motore di questa professione, ce lo hanno ripetuto tutti i relatori nei loro discorsi introduttivi, dove ricordavano ancora l'esperienza della prima sede e la fondamentale importanza dell'imprinting degli affidatari durante l'uditorato, ora tirocinio. Quello stesso entusiasmo l'ho ritrovato nei consiglieri della Corte che ho avuto l'onore ed il piacere di conoscere, l'età media elevata era solo il simbolo della necessaria esperienza per accedere al più alto grado di giurisdizione, ma gli occhi ed il temperamento tenuto durante il dibattito giuridico erano quelli di un M.O.T. che ha realizzato il sogno di una vita e che pensa che non ci sia lavoro più bello al mondo di quello che si accinge a fare.
Devo dire che la Scuola, con tutte le sue criticità (che io ed i miei colleghi di concorso abbiamo vissuto in prima persona essendo stati il primo ciclo di applicazione della nuova formazione), ci ha regalato davvero un'esperienza unica, tutto sommato ben organizzata tenendo presente la contingenza temporale. Abbiamo suggerito di allungare questo stage a due settimane, magari con singoli affiancamenti ai consiglieri perchè ci è davvero sembrata un'attività molto significativa e fondamentale nella formazione iniziale.
Alla fine abbiamo anche visitato il palazzo e la cosa sorprendente è che ci ha accompagnato volontariamente una consigliera, rappresentandoci anche qualche cenno storico sulla sua struttura e così, tra i quadri ad olio dei primi presidenti e la splendida vista su Roma visibile dall'ufficio del Massimario, mi sono resa conto di come questo "tuffo" nella Suprema Corte sarà fondamentale per il mio ed il nostro inizio e costituirà parte di quell'imprinting che ci porteremo dentro lungo tutto il percorso di questa straordinaria professione.
[Dicembre 2013]
Luisa Bettio
magistrato ordinario in tirocinio