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SOMMARIO

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1) Circolare sui termini massimi di permanenza negli incarichi.
2) Nomina Procuratore Repubblica Reggio Calabria.
3) Rinvio di due pratiche di copertura posti direttivi.
4) Applicazione Morosini.
1) Circolare sui termini massimi di permanenza negli incarichi
Giovedì scorso il plenum ha approvato la circolare sui termini massimi delle funzioni ai sensi del “nuovo” art. 19 d.lgs. n. 160/07.
L’intero articolato insieme alla relazione introduttiva sono stati già diffusi in lista subito dopo l’approvazione plenaria, sicchè in questa sede sarà fatto un cenno alle ragioni e motivazioni che hanno condotto a varare la disciplina in parola.
Va intanto premesso che la scelta di livellare al decennio il tetto massimo di tutte le funzioni, giudicanti e requirenti, suscettibili di temporaneità è dipeso da considerazioni fatte a fronte di interrogativi sui quali la Commissione VII si è a lungo interpellata.
In sostanza, ci si è chiesti se la scelta – inizialmente coltivata – di modulare diversamente la durata funzionale in relazione al “tipo” di incarico fosse effettivamente giustificata dal bisogno di scongiurare rischi di condizionamento e/o cadute di professionalità. Sia pure inizialmente accarezzando l’idea di contenere (comunque a non meno di 8 anni) l’intervallo di permanenza di determinate funzioni – il riferimento era indirizzato alle fallimentari, a quelle relative alle esecuzioni civili, alle misure di prevenzione, al tribunale del riesame – la risposta che si è ritenuto di dare è stata poi nel senso di non “svilire”, da un lato, alcuna funzione nel relegarla ingenerosamente al rango di “sottofunzione” rispetto ad altre meno sensibili, tenuto conto al riguardo di un divario del tutto risibile e pari ad un biennio; dall’altro, di consentire intanto alla globalità degli uffici - allo stato gravati da forti scossoni ordinamentali - una continuità effettiva col regime precedente che, com’è noto, già da anni aveva fatto della “decennalità” la regola tabellare per eccellenza in tema di temporaneità.
In linea con tale intendimento, figura infatti nella relazione di accompagnamento della circolare la seguente precisazione: “Peraltro, stante il carattere di novità della normazione secondaria attuata con il presente Regolamento e la necessità di verificarne le ricadute in termini di buona organizzazione dell’ufficio nonché l’adeguatezza rispetto alle condizioni degli uffici giudiziari e alla valorizzazione delle professionalità, sarà opportuno monitorare costantemente la prima fase di
applicazione dei termini massimi qui indicati. Ciò al fine di effettuare
eventuali, necessarie modifiche, e comunque di compiere tale monitoraggio
periodicamente in occasione della stesura della circolare sulle tabelle al
fine di valutare la congruità dei termini massimi.” Inciso con il quale si è inteso chiarire che la scelta armonizzatrice della decennalità per tutte le funzioni è solo un primo esperimento, suscettibile come tale di possibili futuri aggiustamenti in relazione agli effetti e alle ricadute di professionalità che esso è destinato a determinare.
La chiusa finale “…pare opportuno rimarcare che la normativa in materia
di termini massimi di permanenza influisce in modo rilevante sull’intera
mobilità dei magistrati nei singoli uffici giudiziari. Conseguentemente, i
documenti organizzativi degli uffici giudicanti e requirenti devono
costituire uno specifico momento di programmazione anche al fine di rendere
tale mobilità efficace al raggiungimento di obbiettivi di buona
amministrazione” è infine un invito pressante alla migliore programmazione possibile da parte dei dirigenti affinché le conseguenze in tema di mobilità, sprigionate dalla temporaneità delle funzioni, siano calcolate e fronteggiate anzitempo.
Quanto agli impegni in D.D.A., nel duplice obiettivo di omologarne la permanenza agli incarichi c.d. “ordinari” di procura (inserimento in gruppi di lavoro) e di risolvere al tempo stesso l’annosa aspirazione dei più autorevoli Procuratori distrettuali a vedere espandere la durata dell’incarico onde scongiurare perdite frequenti di “memorie storiche”, specie negli uffici più impegnati sul fronte antimafia, la circolare eleva così a cinque bienni (dieci anni) l’intervallo di permanenza massimo in tali incarichi, disponendo l’immediata operatività dell’incremento temporale.
In termini differenti, invece, si è disposto in ordine alla decorrenza del decennio di permanenza nei gruppi di lavoro degli uffici inquirenti: al riguardo si è coerentemente scelto di far retroagire il dies a quo di decorrenza al 31 dicembre 2001, ossia dalla data (finale) di vigenza della regola tabellare per la quale per la prima volta è stato introdotto il principio della rotazione degli incarichi all’interno dei gruppi di lavoro in cui sono organizzati gli uffici di procura (esigenze di specializzazione temperate dalla rotazione periodica). Così come recita la relazione, le prime scadenze si avranno pertanto a far data dal 31 dicembre 2011.
Quanto alla disciplina di dettaglio si rimanda al testo del regolamento ed alla relazione accompagnatrice già diffusi in lista.

2) Nomina Procuratore Repubblica Reggio Calabria.
E’ stato nominato Procuratore di Reggio Calabria, ad ampissima maggioranza, il collega Giuseppe Pignatone, Procuratore Aggiunto a Palermo, prevalendo sul collega Scuderi, Procuratore Aggiunto a Reggio Calabria.
Fresa e Riviezzo, diversamente dal resto del Plenum (alcuni consiglieri, tra cui alcuni di MD si sono astenuti) hanno ritenuto che non si potesse scegliere un collega, pur ottimo, a preferenza di altri che avevano coperto proprio quel posto in discussione – con funzioni vicarie, quale facente funzione e prima quale Procuratore circondariale per alcuni anni – con notevoli risultati di gestione di un ufficio particolarmente difficile, dimostrando grandi capacità di aggregazione dei colleghi, diversamente da ciò che è accaduto in altri uffici vicini.
Peraltro, nel lotto dei candidati c’era anche il collega Boemi, che presenta anch’egli un ottimo profilo professionale, e che ci apprestiamo a sostenere per un altro importante incarico.
La maggioranza del Plenum (tra cui Petralia e Maccora di MD) ha invece ritenuto prevalenti le spiccate qualità di Pignatone, per la sua nota carriera professionale.
Le due proposte avevano ciascuna argomenti notevoli a favore. Al nominato, comunque, vanno i nostri migliori auguri di buon lavoro in un ufficio di prima linea nella lotta alla criminalità organizzata.

3) Rinvio di due pratiche di copertura posti direttivi.
In occasione dell’esame di un posto direttivo (Procuratore Pavia), in apertura di discussione, il relatore di una delle due proposte – Riviezzo – ha chiesto il ritorno della pratica in Commissione perchè uno dei consiglieri gli aveva fatto presente un fatto nuovo, e cioè che la figlia del candidato da lui proposto esercitava la professione forense presso la sede di destinazione non nella materia civile (come risultava dagli atti), ma nel settore penale, determinando così una situazione di possibile incompatibilità. Il relatore, quindi, ha chiesto di poter approfondire la circostanza, semmai assumendo informazioni più precise, in quanto se essa fosse risultata vera avrebbe indotto anche lui stesso a mutare opinione, orientandosi per l’altro candidato proposto oppure per un diverso aspirante, mentre, se fosse stata smentita, avrebbe eliminato un’ombra di sospetto che comunque gravava sul candidato proposto, a suo parere, dal punto di vista professionale, nettamente prevalente sull’altro aspirante. Si è aperta una discussione piuttosto spiacevole, in quanto una maggioranza (evidentemente favorevole all’altro candidato proposto) ha bocciato la richiesta di ritorno in Commissione, sostenendo che l’accertamento della circostanza non avrebbe mutato la loro opinione. Senonchè, era evidente che il ritorno della pratica in Commissione doveva servire all’intero Consiglio (e quindi anche a coloro che sostenevano l’altra proposta) per assumere una posizione informata. Tra l’altro, essa è stata assunta prima ancora dell’inizio della discussione, a dimostrazione del fatto che evidentemente si riteneva inutile la discussione stessa, che non avrebbe determinato nessuno a cambiare la sua opinione, evidentemente assunta in modo pregiudiziale. Se così fosse, sarebbero inutili anche le sedute del Plenum ! In realtà si è trattato di una grave rottura istituzionale, in quanto in tal modo si è impedito di dare un voto consapevole ed informato, sulla base di dati di fatto nuovi che – peraltro – erano stati segnalati proprio da un consigliere della maggioranza. Ne è seguita la ferma protesta di molti, tra cui Riviezzo – che in sostanza si è rifiutato di relazionare compiutamente perché non gli era stato consentito di informarsi adeguatamente su un fatto rilevante – e Pepino, che ha abbandonato i lavori per lo stesso motivo. A quel punto, il Vice-Presidente ha rinviato la seduta ad altra data, visto il clima conflittuale che si era creato.
Dobbiamo notare con amarezza che per la prima volta nella vita di questo Consiglio è stato impedito con la forza dei numeri ai consiglieri di dare un voto informato sulla base di fatti nuovi, non noti prima, oltretutto segnalati da un consigliere della contingente maggioranza. Vogliamo sperare che tale episodio resti isolato e che nel prosieguo dell’esame della pratica prevalgano le ragioni della democrazia interna e del confronto leale.

5) Applicazione Morosini.
Nulla in verità di particolarmente interessante se non fosse per il fatto che, in un momento in cui l’opinione pubblica, stimolata da alcuni organi di stampa di rilevanza nazionale, s’interroga sul rispetto dei tempi destinati alla redazione delle motivazioni delle sentenze, il collega Morosini - GUP a Palermo ed oggi trasferito all’ufficio del Massimario della Cassazione ove ha già preso possesso - ha chiesto di restare in applicazione parziale (da venerdi a lunedì di ogni settimana) e momentanea (fino al 21 aprile) nell’ufficio a quo per consentirgli di terminare la stesura di una sentenza penale conclusiva di un rilevante giudizio abbreviato a carico di soggetti di mafia.
Considerata l’indubbia prevalenza delle esigenze prospettate, aggravate peraltro dalla necessità di una gestione attenta e continuativa delle vicende cautelari riguardanti alcune decine di imputati condannati, e valutata altresì l’insussistenza di condotte strumentali di “precostituzione” dell’impegno da parte del Morosini che, ove accertate, avrebbero impedito per tabulas l’adozione del provvedimento, si è proceduto così all’applicazione in parola.
Da rilevare che nell’esperienza consiliare, quanto ad applicazioni per stesura di sentenze, figurano precedenti vari in senso conforme e, in misura minore, in termini difformi; questi ultimi avallati dalla tesi di minoranza (cons. Napolitano), risultata poi perdente in sede plenaria, che aveva concluso di contro per l’impraticabilità, nel metodo e nel merito, della chiesta applicazione.
Nel corso del dibattito di plenum, si è registrata anche l’opinione di chi (Ferri ed altri di MI), nel contestare l’applicazione del collega Morosini, ha idealmente posto l’alternativa – ritenuta più commendevole e rispondente alle esigenze prospettate – di concedere piuttosto un’applicazione di durata continuativa e non soltanto parziale (a giorni) onde raggiungere più celermente l’obiettivo indicato. Abbiamo obiettato con successo che l’intento di Morosini, ossia quello di dividersi tra i due uffici così da non sacrificare oltremisura le esigenze di ambedue, era sicuramente più corretto e rispondente a principi di buona amministrazione.
Appena il caso di rilevare, in ultimo, che Piergiorgio Morosini è collega assai preparato, estremamente impegnato e di specchiatissima “etica” giudiziaria, sicchè la sua richiesta andava intesa - così come il CSM ha poi fatto, accogliendola - nel senso più nobile e leale del termine.

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