Vito Leccese
Benvenuti a Bari e ringrazio gli organizzatori per aver organizzato questo momento di incontro e confronto interessante su lavoro, valore e identità. Devo dire la verità, qualche minuto fa ero alle prese con il mio discorso di saluto al Presidente della Repubblica, che sarà qui a Bari domenica pomeriggio per l’avvio del Festival delle Regioni, e stavo riflettendo su alcuni passaggi di questo mio intervento relativamente al legame di solidarietà che i Padri Costituenti inserirono in più articoli della nostra Costituzione.
Tra l’altro, l’altro giorno Roberto Vosa mi ha fatto dono di un suo lavoro molto interessante sulle parole costituenti, i lemmi utilizzati dai Padri Costituenti nella nostra Carta costituzionale. Stavo rileggendo alcuni passaggi proprio in relazione all’articolo 3 della Costituzione, alcuni interventi fatti nel 1946 da Dossetti, da Giorgio La Pira, da Lelio Basso, relativamente al legame di solidarietà di una comunità: l’individuo che vive la propria individualità però viene tutelato dallo spirito comunitario.
E pensavo alla differenza anche di approccio rispetto alle questioni tra i Padri Costituenti e gli attuali legislatori, ma non lo facevo con spirito critico o polemico, perché ovviamente siamo figli dei nostri tempi, no? Perché in qualche modo i Padri Costituenti sono figli di quel periodo, anzi sono padri di quel periodo e di quei valori.
Però oggi, quello a cui stiamo assistendo nella, come dire, disarticolazione di quei valori che sono alla base della nostra Carta costituzionale, mi preoccupa molto. Mi preoccupa non solo come amministratore locale, come chi ha la responsabilità della guida di una grande città del Sud, un territorio che per anni ha vissuto la penalizzazione del divario fra Nord e Sud, ma lo dico anche e soprattutto come cittadino, per quello che potrà avvenire se, come sta avvenendo, il progetto di autonomia differenziata dovesse perpetrare i suoi danni proprio attentando a questo vincolo di solidarietà fra comunità, fra territori.
Bene, io credo che la riflessione di oggi sia una riflessione molto importante, soprattutto in una città che è la terra dell’accoglienza, la terra dell’ospitalità, la terra che ha nel proprio DNA, all’interno del proprio patrimonio genetico, alcuni valori importantissimi.
In questi tre mesi del mio mandato sindacale, perché proprio qualche giorno fa ho celebrato i primi 100 giorni del mio mandato – 100 anni di solitudine? No, perché ho detto che ho vissuto questi primi 100 giorni in solitudine, quindi mi è venuto “100 anni di solitudine” – bene, ho ricordato più volte che questa città è sempre stata oltre, avanti anche rispetto ai temi di cui si discute oggi che sono all’attenzione dell’agenda politica nazionale.
Pensate che tra il 1100 e il 1200 furono affidate l’elaborazione delle norme consuetudinarie a due giuristi baresi: uno si chiamava Sparano, a cui abbiamo intitolato la main street della città, e l’altro si chiamava Andrea, anche a lui abbiamo intitolato una via principale. Questi giureconsulti inserirono nelle norme consuetudinarie una norma veramente all’avanguardia, in cui si diceva che veniva riconosciuta la cittadinanza barese anche alla persona che per un solo giorno aveva sostato nella nostra città.
Pensate, oggi, a distanza di 1000 anni da quel momento, stiamo ancora a discutere di ius soli, di ius scholae. Questo la dice lunga sul patrimonio genetico di questa città. Per questo si dice che a Bari nessuno è straniero, e io rispetto a questa definizione sono molto legato, anche perché ho vissuto un’esperienza importantissima, straordinaria sul piano umano. Spesso dico che l’esperienza umana che ho vissuto sul piano politico istituzionale più incredibile, anche più straordinaria della mia vita, è stata l’8 agosto del 1991, quando arrivò la nave Vlora, partita dal porto di Durazzo col suo carico di umanità.
La nave, quando la vedemmo all’orizzonte, non si vedeva la motonave: era un brulicare di umanità. E quella è stata l’esperienza più drammatica da un punto di vista della gestione istituzionale, ma anche più straordinaria da un punto di vista umano. Perché, vabbè, voi tutti sapete come è andata a finire. Noi, come amministrazione comunale, il sindaco Enrico Dalfino, che ricordo con grande affetto e anche con grande trasporto, chiese anche con toni abbastanza forti che quell’operazione venisse gestita come un’operazione di protezione umanitaria, di protezione civile. Invece lo Stato, rappresentato in quel momento dal Presidente Cossiga, decise di gestirla come un’operazione di polizia finalizzata al respingimento.
Bene, mi collego a quell’esperienza per dire che anche il valore di riferimento della mia vita politica e della mia pratica amministrativa è mettere al centro dell’azione amministrativa l’uomo, le persone, la persona e la sua dignità.
Qualche giorno fa sono stato in udienza privata dal Papa con alcuni esponenti di un’organizzazione che si chiama “Custodi del Bello”, e nel salutarmi il Papa, a parte avermi fatto gli auguri – ho detto che non ci vogliono soltanto gli auguri, ci vuole una preghiera di quelle consistenti per dare forza al mio mandato sindacale – mi sollecitava l’attenzione alle periferie. Del resto, io credo, ed è inserito anche come punto programmatico delle mie linee del mandato sindacale, partirò dalle periferie, ma non come scelta ideologica, ma come scelta di metodo, perché solo guardando la città dalle periferie si ha la visione della totalità; il contrario non ci dà la possibilità di guardare la città nella sua totalità.
Bene, questo è molto importante perché l’obiettivo che io intendo perseguire in questa città, che ha fatto tantissimi progressi anche sul piano dell’occupazione – ora Bari è una città molto attrattiva sia sul piano turistico ma anche sul piano dei nuovi insediamenti lavorativi, dei nuovi insediamenti industriali. Negli ultimi 3 anni, le più grandi aziende del settore delle tecnologie emergenti, dei big data, hanno deciso di investire su Bari. Il livello di occupazione a Bari è il più alto del...
Quindi esercita una fortissima attrazione sul piano dell’attrattività degli investimenti, anche sul piano dell’offerta lavorativa, e questo è molto importante. Però è importante soprattutto lavorare sul senso di comunità, che è quello che difetta un po’ in questa città, perché se non creiamo quel senso di comunità...Il mio predecessore Antonio Decaro diceva che dobbiamo realizzare la più grande opera pubblica della città, cioè realizzare il senso di comunità. Diventa un obiettivo che è un obiettivo di tipo sociale, non di tipo fisico. Sono state realizzate molte infrastrutture in città, la città è molto cresciuta sul piano dell’infrastrutturazione fisica, ora dobbiamo infrastrutturare sul piano sociale, perché creare il senso di comunità significa garantire diritti a tutti, garantire l’erogazione dei servizi a tutti coloro che abitano in questa città, a prescindere dal luogo e dal quartiere di residenza, ma significa soprattutto garantire opportunità a tutti.
Questo è l’obiettivo del mio mandato. Non è un obiettivo facilissimo da raggiungere, perché a queste latitudini diventa molto complesso anche recuperare i guasti di tipo urbanistico che sono stati fatti nel passato, ma io ce la metterò tutta, nel senso che, al di là dell’esperienza anche sul piano amministrativo che ho maturato in tutti questi anni, credo che il senso di responsabilità che mi richiama in modo forte anche per via del risultato elettorale che ho ottenuto mi consentirà quantomeno di fare un tentativo, e questo tentativo lo vorrei fare insieme a tutti i cittadini, insieme a tutti coloro che hanno a cuore i temi dell’accoglienza, i temi del lavoro, i temi dell’identità e soprattutto il valore della solidarietà.
Grazie e buon lavoro a tutti.