Le nostre riflessioni
Gentilissima dottoressa Arbore,
siamo gli alunni della VF SIA del Tommaso Fiore di Modugno e Le scriviamo per ringraziarLa della bella opportunità che ci ha offerto il 18 ottobre scorso di partecipare alla Giornata su Lavoro, Valore, Identità, organizzata dal Movimento per la Giustizia - art. 3.
Dopo l’incontro, in classe, ci siamo confrontati su quanto ascoltato e visto e volevamo renderla partecipe delle riflessioni emerse in merito che qui di seguito riporteremo virgolettate.
«La nostra Costituzione sul tema del lavoro è molto chiara: lo richiama come fondamento della nostra Repubblica nell’art.1 e nell’art.4 sancisce il diritto al lavoro affermando che lo Stato ha il compito di garantire le condizioni affinché ogni cittadino possa effettivamente esercitare questo diritto. È un riconoscimento importante perché considera il lavoro non solo un mezzo di sostentamento legato al guadagno, ma anche e soprattutto un diritto fondamentale che contribuisce alla dignità della persona ed alla sua realizzazione individuale. Credo che il lavoro sia uno strumento di riscatto sociale che ci permette di recuperare la nostra identità.»
«Lo scienziato Darwin affermò che: “il lavoro nobilita l’uomo”. Oggi non mi sembra proprio che ciò sia vero, perché il lavoro mal retribuito è un vero e proprio sfruttamento e, quando non è sicuro, uccide!»
«Volevo soffermarmi sul lavoro nelle carceri. In carcere, luogo dove vive il disagio sociale, il lavoro rappresenta uno strumento di rivendicazione della propria identità; apprendere un lavoro mette un detenuto nelle condizioni di essere libero di reintegrarsi nella società contribuendo a renderla più inclusiva e più giusta!»
«Sono stato profondamente colpito dalla rappresentazione teatrale in tema di detenzione che ha evidenziato le esperienze e le sofferenze di coloro che vivono all’interno di un carcere. Ho avvertito una forte emozione mentre l’attore interpretava la sua storia, mettendo in evidenza non solo le ingiustizie subite, ma anche la mancanza di umanità e di dignità che spesso caratterizza la vita dei detenuti. Ho riflettuto sulla vulnerabilità dell’essere umano quando si trova in una situazione di fragilità. Ho provato una profonda tristezza per le vite spezzate e per le opportunità perdute. Questa esperienza ha stimolato in me una sensazione di empatia, facendomi capire quanto sia importante lavorare per un sistema di giustizia che non solo punisca, ma che tenda soprattutto al riscatto ed al reinserimento sociale.»
«L’incontro “Lavoro, Valore, Identità” per me è stata una grandissima fonte di arricchimento personale, permettendomi di aprire gli occhi su quel mondo che mi vedrà partecipe tra non molti anni.
Ad avermi colpito particolarmente è stato l’intervento del prof, Lorenzo Gaeta, che ci ha proposto un excursus dal punto di vista storico del lavoro, concludendo con la possibilità che, forse, ad oggi il lavoro è tornato ad avere la stessa reputazione che aveva in passato: quella di “pena peggiore” che l’uomo possa patire.
Ed è in quel momento che mi sono chiesto: Come ci si sente a vivere in una repubblica fondata su una pena così grande?»
«Durante l’incontro si è parlato del rapporto tra lavoro, valore e identità che trovano il loro punto di coesione nella nostra Costituzione. Mi ha colpito molto perché spesso si pensa al lavoro solo come un modo per guadagnare, mentre dalle varie relazioni è emerso che è anche qualcosa che ci definisce e ci fa sentire parte della società. Prima il lavoro era visto come una fatica o addirittura una condanna, ma oggi lo consideriamo anche un’opportunità di realizzazione. Purtroppo, però, la realtà per molti è diversa: il lavoro è sempre più incerto, e trovare stabilità è diventato difficile, specialmente per noi giovani. Il dr. Petralia ha spiegato come negli anni ’70 lo Statuto dei Lavoratori abbia cambiato la percezione del lavoro in Italia, dandogli un valore di dignità. Ma oggi, con la globalizzazione e le nuove tecnologie, sembra che i diritti siano sempre più a rischio.»
«L’incontro organizzato dal Movimento per la giustizia art.3, è stata un’esperienza intensa e stimolante, capace di andare oltre il semplice approfondimento teorico, toccando aspetti profondi e sfaccettati del mondo del lavoro e delle sue implicazioni sociali. Ciò che mi ha colpito maggiormente sono stati i riferimenti simbolici legati al “colore” delle condizioni lavorative. La descrizione delle “morti bianche”, per esempio, usa il colore candido per richiamare la tragica ed assurda normalizzazione delle morti sul lavoro, quasi fossero avvenimenti da lasciarsi alle spalle senza riflessione o memoria. L’aggettivo “bianco” sembra voler nascondere una realtà spaventosa e ricorda l’innocenza violata di chi muore nel compiere il proprio dovere. Al contrario “il lavoro in nero” è stato dipinto come un oscuro silenzio, un lato nascosto del sistema lavorativo dove prevalgono insicurezza e sfruttamento. Questo dualismo mi ha fatto riflettere sull’ingiustizia di un sistema che spesso oscura volontariamente le problematiche del lavoro anziché renderle visibili per affrontarle e cercare di risolverle.»
«A me ha colpito la tematica del lavoro insicuro che uccide. Sapere che ogni giorno in Italia almeno 3 persone che sono uscite di casa per andare a lavorare non vi faranno più ritorno, mi ha indignato perché so che ci sono tante norme sulla sicurezza per prevenire gli infortuni, ma poi non si può far nulla per farle rispettare visto che gli ispettori sono solo 200 per tutto il territorio nazionale! Non possiamo lasciare che tutto vada avanti così perché dietro ogni caduto sul o per lavoro non c’è solo un numero, ma ci sono figli, mogli, madri, padri che piangono il loro caro e che chiedono GIUSTIZIA!»
«Questo incontro mi ha lasciato una consapevolezza più ampia e matura del mondo del lavoro; mi ha fatto riflettere sul nostro ruolo e su quello delle istituzioni, con l’auspicio di diventare cittadini capaci di guardare in faccia la realtà senza chiudere gli occhi, come qualcuno vorrebbe facessimo. Tutto ciò per essere pronti a sostenere il cambiamento sociale! Dobbiamo uscire dalla nostra “comfort zone” (cito le parole della prof.ssa Laforgia) e guardare, capire e ribellarci a quanto accade sullo sfruttamento del lavoro dei migranti, sul mancato rispetto delle norme in tema di sicurezza. La nostra indifferenza contribuisce ogni giorno ad uccidere i più deboli e questo non è ammissibile perché, la nostra Costituzione ci chiede di adempiere al dovere di solidarietà sociale!»
Infine da parte di tutti noi un GRAZIE a tutti i membri del Movimento per la Giustizia - art. 3 perché con il vostro impegno cercate di diffondere quei valori della nostra Carta Costituzionale per i quali i nostri antenati hanno sacrificato la loro vita: continuate in questo cammino e, soprattutto, coinvolgete il più possibile noi giovani!
La classe VF SIA del Tommaso Fiore di Modugno