Morena Plazzi
Al termine di una giornata come questa, è molto difficile introdurre qualcosa di nuovo, di più intenso, di più significativo di quello che abbiamo sentito da questa mattina. Abbiamo parlato di storia, abbiamo parlato di amore, di desiderio, di come il lavoro penetri nella nostra vita e sia qualcosa a cui noi vogliamo, dobbiamo associare delle parole come valore e come identità.
E poi oggi pomeriggio io sono emozionata, sono veramente colpita da come si sia riusciti a intrecciare e a far camminare insieme questi momenti di arte, di teatro, di racconto con la realtà raccontata attraverso le parole dei giuristi, attraverso le parole di chi conosce le situazioni, le storie, attraverso le parole di chi entra nel carcere e vive il carcere.
Io credo che, quando alcuni mesi fa il gruppo dirigente, chiamiamolo così, del movimento si è fatto una domanda: ha detto “Come vogliamo presentarci? Come vogliamo far sapere che ci siamo e che abbiamo voglia di essere presenti, di continuare ad essere presenti, spendendo idee, volontà, esperienza?”. E qualcuno, di cui dirò il nome – co-guida che è presente, a cui voglio molto bene anche perché siamo compagni di concorso, insomma abbiamo fatto percorsi diversi ma siamo stati per tanto tempo insieme anche nel Movimento per la Giustizia – Marco ha tirato fuori questa parola. Ha detto: “La parola è lavoro, parliamo di lavoro”.
In quel momento eravamo un gruppo di 5-6 persone, ovviamente cercando in quel momento. Ognuno ha cominciato a dire: “Ma sì, il lavoro, i giovani”, “Ma sì, il lavoro, il precariato”, “Ma sì, il lavoro, la sicurezza”. Ecco che si è, diciamo, come creata un po’ la spina dorsale di questa giornata.
Ma ovviamente, senza il contributo veramente eccezionale del comitato organizzatore, di chi ha pensato e ha messo insieme gli strumenti attraverso i quali parlare di questi argomenti, non ci sarebbe stata questa giornata che io vivo con grande emozione nella veste di presidente di un movimento che da qui in avanti vuole essere così, cioè essere presente in mezzo a una realtà, una realtà articolata fatta di chi va ancora a scuola, di chi ancora davanti sta pensando cosa fare della sua vita, ma fatta anche di chi ha già un bagaglio di esperienza e vuole dare questo aiuto.
Allora dirò soltanto questo, perché io voglio già pensare alla prospettiva in avanti, oltre a ringraziare ancora una volta chi ha pensato e chi ha lavorato per questa bellissima giornata. E ho pensato: guarda, avremmo potuto anche invitare il Presidente Mattarella a parlare di lavoro; giusto giusto due giorni fa ha detto le cose che abbiamo risentito oggi, poteva essere uno dei nostri relatori. Ma la cosa sorprendente è questa convergenza su un tema, il lavoro, di cui abbiamo sentito: non si parla abbastanza, non si ricorda abbastanza. E se lo si fa, lo si fa soltanto in occasioni o drammatiche o perché si parla di fabbriche che chiudono o di persone che perdono la vita nel lavoro, per il lavoro. Per qualche momento se ne parla e poi, come abbiamo sentito, cade il silenzio.
Allora dico questo: il programma del Movimento per la Giustizia Articolo 3 Ente del Terzo Settore – un nome lunghissimo, ma io vi invito tutti quanti a seguire anche la pagina che abbiamo aperto su Instagram e per i boomer, ma solo per i boomer, su Facebook – a seguire quello che faremo prossimamente. Perché alcuni argomenti, alcune parole chiave per noi valgono da qui in avanti moltissimo. Una di queste parole è storia, una di queste parole è memoria. Ma memoria non come, come dire, una comfort zone in cui raccontarci i fatti, no. Memoria nel senso di travaso, di dono, di ascolto di quello che è stato per costruire qualcosa.
Vi faccio un esempio. Noi stiamo già organizzando per i prossimi mesi due incontri, uno a Palermo, uno a Bologna, che saranno dedicati a un tema drammatico che è memoria, ma che ci deve far pensare anche a quello che ci succede attorno. Parleremo della strage dei morti di Marzabotto, di cui ricorre quest’anno l’80° anniversario. Ma lo faremo anche perché pensare a quello che succede in una guerra, in una guerra che è passata, che ha attraversato il nostro Paese, ci deve far pensare a quello che succede oggi, ieri, domani, nei Paesi che sono travagliati da queste guerre.
È questo lo spirito del Movimento per la Giustizia: raccontarci la storia, raccontare la storia ma per costruire consapevolezza di cittadini. Qui molti di noi fanno mestieri di giuristi e quindi si è ricordato questo, ma io oggi sono stata qui come cittadina e voglio che sia in tutti noi questo spirito della cittadinanza, la cittadinanza attiva, la cittadinanza che si informa, che vuole sapere, ma soprattutto da questo prende lo spunto per fare.
Per fare, noi come movimento pensiamo che per fare una delle ricette fondamentali sia lo stare insieme, lo scambio, il contributo. E qui abbiamo visto contributi di saperi e di capacità diverse.
Ecco, io ringrazio tutti e dico soltanto ancora questo: le parole di Alessandro Leogrande che abbiamo ascoltato. Io non mi sono preparata niente, come vedete, perché al termine dovevo fare le conclusioni e le conclusioni le potevo trarre solo dopo aver sentito tutto quanto. Ma in questi giorni mi sono dedicata a una piccola ricerca sul lavoro di Alessandro Leogrande ed è stato bellissimo per me andare sugli archivi della Rai, di Rai 3, ad ascoltare il “Mondo di Leogrande” che è stato creato. Insomma, è facilissimo trovarlo, lo dico soprattutto per i ragazzi che seguono i podcast. Sono interventi, momenti di riflessione, di racconto, alcune delle cose che abbiamo sentito anche qui, che trattano alcuni degli argomenti che abbiamo sentito qui dalla viva voce dell’autore. Emozionante, bellissimo, ma soprattutto così educativo sentire parlare di queste cose con una voce pacata, con un interesse umano reale.
È bello essere qui con voi e condividere questi sentimenti, e vi invito proprio a fare i compiti a casa, a continuare su questa strada come vogliamo fare prossimamente.
Grazie a tutti quanti.