Dino Petralia
Dunque, benvenuti. Mi sento legittimato a dirvi benvenuti, anche se poi il vero benvenuto ve l’ha già dato il sindaco e gli operatori locali. E devo dire che il benvenuto ve lo do come segretario del Movimento per la Giustizia, il cui logo vedete campeggiare sulla sinistra del manifesto, un logo che rappresenta quello che è stato un gruppo storico di magistrati, pochi magistrati, fondato nel 1988, che dell’ideologia, della trasformazione, del rinnovamento, ma soprattutto del servizio, aveva costituito e ha costituito un po’ l’anima, il motore pulsante di questo movimento. E qua sono in aula presenti alcuni storici, anche fondatori di questo gruppo.
Ebbene, anche quel colore verde che allora fu scelto per questo nuovo movimento – non a caso chiamato "movimento" e non "corrente" e non "gruppo", proprio per la caratteristica dinamica e per l’orientamento costante, senza sosta, di questo appunto movimento – anche il colore verde sta a significare come già allora fossero presenti nel suo embrione queste caratteristiche un po’ "green", cioè questo impegno per la socialità, questa sinonimia che c’è tra giustizia e solidarietà e inclusione.
Ebbene, dopo tanti anni di percorso all’interno della magistratura, dell’ANM, del Consiglio Superiore e di tutti gli organismi rappresentativi, diciamo, dopo tanti anni anche di battaglie e di soddisfazioni, il Movimento ha abbandonato questa veste, questa patina un po’ – chiamiamola – di impegno ideologico all’interno delle istituzioni di magistrati, di giustizia, e si è dato una nuova veste, che forse è quella veste spontanea iniziale che già aveva inaugurato il suo esordio.
Ed è proprio questo ente del terzo settore che oggi noi siamo e con cui operiamo, che ci consente di aver scelto un tema proprio qui a Bari, che un po’ ripetendo le parole del sindaco e anche sfruttando una citazione di Gabriel García Márquez, che è stata molto opportuna, possiamo identificare Bari anche come una sorta di Macondo. Sotto questo aspetto, noi sappiamo, signor sindaco, delle battaglie ambientali che lei ha fatto e che si anima di fare ancora, e ce lo auguriamo. Per noi Bari è il Meridione. Io vengo dalla Sicilia, ho operato spesso a Roma, ma il Meridione significa anche una – non voglio dire sottosviluppo, perché sarebbe forse eccessivo dirlo, o forse anche corretto – però significa riscossa, significa voglia ed entusiasmo, e sotto questo aspetto io penso che la scelta di Bari – dove apro un trattino, lo chiudo subito – dove però godiamo di uno staff di colleghi magistrati e non, altamente qualificato (la presidente Arbore ve ne ha dato già col suo piglio iniziale un esempio tangibile), ci consente di dire che qui a Bari, come simbolo e Macondo di una rivoluzione dei contenuti, noi abbiamo scelto un tema, e su questo chiudo, importante, che è il tema del lavoro.
E non a caso abbiamo scelto parole come "lavoro", "valore", "identità", perché sul valore del lavoro non abbiamo alcun dubbio – è stato già detto da tutti gli interventi iniziali – sull’identità non come identità soggettiva del lavoratore, ma come identità del concetto e dell’istituto lavoro, un po’ si è persa. Oggi non possiamo dire che esiste una uniformità del lavoro: il lavoro un po’ si è slabbrato, si è perso, ci sono periferie sociali in cui il lavoro è poverissimo o addirittura non c’è.
Non a caso è stato citato dall’Ordine degli Avvocati il lavoro all’interno del carcere. Da ex capo del Dipartimento dell’Amministrazione Giudiziaria ho toccato con mano cosa volesse dire esattamente l’antagonista del lavoro, cioè l’ozio, l’ozio che è esattamente l’antagonismo del lavoro. Immaginate cos’è l’ozio dentro un istituto carcerario: è qualcosa di distruttivo. E allora qual è la conseguenza? Che il lavoro per noi è sinonimo di diritti umani. Se ne parlava anni fa, anche in una conferenza col professore Flick, in cui sul problema – a Reggio Calabria – sul problema dei diritti umani abbiamo anche contemplato il diritto al lavoro, perché è un diritto umano quello del lavoro.
E allora su questo abbiamo scelto un tema in cui non abbiamo l’ambizione di ricostruire un’identità e un’uniformità del lavoro per tutti, però questo convegno, con i suoi contenuti diciamo un po’ "omnibus" – c’è recitazione, c’è riflessione, c’è considerazione, c’è scienza, e c’è anche soprattutto quello che le sintetizza tutte – cioè per noi è un’offerta. Questa è una... che sta un po’ di domanda ma forse di più è un’offerta che invitiamo a tutti, al popolo barese, al popolo pugliese, a tutto il Meridione, e direi anche a tutta l’Italia, anche oltre, per collaborare con noi. Ci stiamo già collegando con molti enti nel tentativo di riuscire a fare qualcosa che sia anche piccolo, ma dal piccolo, dalla provincia, dal piccolo si parte alla conquista dei grandi traguardi e dei grandi risultati per fare qualcosa di buono.
Abbiamo dalla nostra l’esperienza con la toga addosso di una tangibilità del concetto di giustizia. Sappiamo che cos’è il povero, sappiamo cos’è il sofferente, e sappiamo – ma lo sappiamo in un recinto, in un perimetro sociale che purtroppo è denso di sofferenza ed è anche un po’ contaminato da questo rapporto tra giustizia, giudici e utenza – adesso abbiamo bisogno di scioglierci, e ci stiamo riuscendo, per un contatto diretto con la popolazione che soffre. Su questo abbiamo scelto Bari, abbiamo scelto questa identità e questo valore del lavoro, abbiamo scelto questo modulo attraverso cui il convegno si esprimerà, e veramente io sono a darvi un benvenuto sorridendo, contento per questa possibilità che ci stiamo offrendo, ma che chiediamo a voi di offrire insieme.
Grazie.
Interventi
di e con Salvatore Sasà Striano
di Gianluigi Gherzi e Fabrizio Saccomanno con Fabrizio Saccomanno