Michele Emiliano
Buongiorno a tutti e a tutte. Ovviamente Giannini mi ha completamente rubato il mestiere, quindi mi atterrò all’argomento anche per non fare ulteriori gaffe che non piacciono al mio amico Giannini.
Sono qui innanzitutto perché ho apprezzato molto questo processo di evoluzione di questo gruppo di amici – possiamo definirlo così senza mancare di rispetto a nessuno – un’evoluzione estremamente interessante, estremamente intrigante per chi evidentemente sente il bisogno di trovare delle strategie, delle tecnologie, perché la politica è anche per opporsi ad una visione che è quella che Massimo ha descritto e che evidentemente ha bisogno di componenti, di strutture, di luoghi.
Devo essere sincero: per quanto io li abbia inseguiti tutta la vita, almeno nella mia vita politica, i partiti non sono in grado di elaborare una strategia così raffinata da costruire quei luoghi, quei corpi intermedi che un tempo si opponevano abbastanza facilmente alla deriva complessiva della vita pubblica italiana.
Avete scelto un argomento contemporaneamente mite, quello del lavoro, con una certa abilità anche tattica, ma che descrive una società, perché è evidente che senza la possibilità – immagino che abbiate parlato anche di questo – di costruire la propria vita attraverso la definizione di un ruolo, è difficile anche poi partecipare alla vita pubblica. È difficile far parte di un’organizzazione, di un sindacato, di un partito politico, è difficile definirsi cittadini. L’accesso alla definizione della propria personalità, che pure la Costituzione favorisce, non può prescindere da questo elemento.
È inutile dire che i colpi che il nostro ordinamento giuridico sul lavoro ha ricevuto nel tempo sono stati violentissimi, violentissimi. Nel senso che anche solo la abolizione simbolica – perché forse in gran parte era stato demolito anche prima – dell’articolo 18 ha avuto la funzione di un segnale, un po’ come la demolizione di Punta Perotti, un segnale di un cambiamento che si voleva realizzare, che si sta portando alle estreme conseguenze. Noi firmiamo i referendum della CGIL; io li ho firmati due volte, la prima volta non è andata bene, speriamo che questa volta vada meglio.
E la cosa interessante è che alcuni di questi cambiamenti sono stati spinti da soggetti politici della sinistra, e questa circostanza è davvero singolare. All’interno di questi soggetti politici, in quel periodo, chi si opponeva veniva travolto, vilipeso, costretto a battaglie perse in partenza, ma che comunque sono state fatte fino in fondo. E io mi auguro che – si citava prima la demolizione del sistema del controllo sulla sicurezza del lavoro voluto dalla stessa parte politica, dallo stesso soggetto – evidentemente hanno in qualche maniera spezzato quella forza del mondo del lavoro che invece aveva costituito, pur nella sua pluralità, la scuola di diritto del lavoro pugliese, barese in modo particolare. Era una scuola variegata, c’erano un po’ tutte le componenti, diciamo da quella riformista a quella più radicale, ma che tutte insieme avevano costituito una storia estremamente interessante.
C’era una connessione continua tra la politica e il mondo del lavoro, che invece adesso è stato aziendalizzato in modo, credo, totale, perché nel dibattito politico l’ansa del lavoro è riservata alle percentuali di occupazione e disoccupazione. Poi tutto il resto... non ho l’impressione che neanche oggi nelle componenti della sinistra abbia una centralità. Certo, oggi far prevalere argomenti come quelli che – io sottoscrivo tutto l’intervento di Giannini di oggi – farli prevalere nei media non è una cosa semplice, perché anche solo fare un’intervista su questi argomenti, anche solo parlare di questi argomenti è difficile.
Un’altra cosa che sta determinando la questione del lavoro, secondo me, è lo spopolamento, in particolare del Mezzogiorno. L’uscita di 15.000 cittadini nell’ultimo anno, che è un fatto singolare, perché dovrebbe essere un’economia di quelle in traino. E contemporaneamente abbiamo il problema che le nostre aziende... la Puglia ha un ritmo di crescita del PIL che è il doppio di quello dell’Italia. È una notizia che non troverete mai da nessuna parte, perché ovviamente è la prima regione italiana nella capacità di spesa dei fondi europei. Abbiamo costituito attorno a queste politiche la nostra resistenza all’impatto della pandemia sul sistema produttivo, culturale. Abbiamo risultati che sono positivi in tutte le classifiche, ma evidentemente l’isolamento nel quale invece questo modello vuole essere costretto – che ovviamente è una cosa molto più piccola della Presidenza della Repubblica o del Parlamento – cioè l’idea di una regione di emancipazione, di cambiamento della propria immagine, di costruzione dell’autostima, un po’ come se avessimo trovato un lavoro qui in Puglia, nel senso che finalmente sappiamo qual è il nostro compito nella storia, sappiamo a quali battaglie partecipare e a quali no, anche relative alla giustizia, alla condizione delle carceri, alla condizione generale di chi arriva nel nostro territorio alla ricerca di una speranza.
Abbiamo una strategia e mi piacerebbe lavorare col Movimento per la Giustizia per costruire “Mare a Sinistra”. “Mare a Sinistra” è una strategia complessiva per cercare di attirare tutto ciò che serve alla Puglia, ma ovviamente anche all’Italia. Siamo aperti a contribuire all’economia nazionale ed europea, perché no? Ma cominciamo dalla Puglia per attirare qui persone che corrispondono alla domanda di lavoro, perché vi voglio comunicare che le nostre aziende non trovano i lavoratori che gli servono. Questa è la cosa singolare.
Il nostro sforzo, quello di costituire una grande e potente agenzia per il lavoro nella Regione Puglia, si sta compiendo ma con grande fatica, e ha bisogno di elaborazione teorica, ha bisogno di collaborare con le università, ha bisogno di collaborare con le nostre ambasciate all’estero per cercare di capire se è possibile fare formazione delle persone all’estero, se possiamo evitare che i flussi di lavoratori necessari all’economia nazionale siano affidati alle condizioni meteo. Perché se il meteo è buono, a rischio della loro vita arrivano nel nostro Paese, salvo poi essere presi e portati in un altro Paese, come sta accadendo. E invece tutto questo potrebbe essere assolutamente razionalizzato col contributo del Ministero degli Esteri, col contributo degli enti economici che si occupano di capire e di profilare i lavoratori che sono necessari, portarli qui con i traghetti o con gli aerei senza necessità di farli varcare il mare.
Costruire relazioni come noi abbiamo saputo fare da pugliesi con l’Albania – adesso poi ho perso un po’ i contatti col mio amico Edi Rama, che insomma si è un po’ perduto in questa relazione – ma la relazione che noi abbiamo costruito con l’altra sponda dell’Adriatico è stata molto interessante anche dal punto di vista economico, perché la capacità di accoglienza intelligente ha costruito relazioni che durano da 30 anni. Noi festeggiamo l’arrivo della Vlora, una nave con 20.000 persone – erano molte di più che sulla Open Arms – ma nessuno ha mai pensato che noi ci dovessimo difendere, dovessimo difendere i confini della Puglia dalla Vlora. Noi abbiamo pensato invece che fosse necessario dare una mano, e così fu, ed è quasi una festa binazionale quella che facciamo ad agosto, dove spesso il Presidente viene qui e ricorda quei momenti.
Questa strategia “Mare a Sinistra” è suscettibile di enormi evoluzioni, perché noi siamo solo all’anno zero. Siamo alle palafitte dal punto di vista tecnologico nella capacità di rendere il mondo del lavoro globale in modo da consentire non il flusso migratorio definitivo, ma anche semplicemente quello di andare e venire dal proprio Paese verso un altro, e poi verificare come accadeva – certo più facilmente per l’Albania – e costruire relazioni economiche destinate a durare, che assicurano anche il rispetto dei diritti delle persone, della democrazia.
Perché se il mondo del lavoro viene appaltato ad altri meccanismi che non sono diversi da questo, si rischia che anche quel settore diventi un luogo dove il potere, l’egemonia di qualcuno, detta le regole della convivenza civile al posto delle Costituzioni. Perché non so quanto le norme attualmente in vigore in Italia sul lavoro siano perfettamente coerenti con la Costituzione. Temo che con una Corte Costituzionale un pochino più aperta probabilmente ci sarebbe una falcidia di queste norme, perché non assicurano la dignità del lavoro, non assicurano il rapporto tra bisogni della famiglia, reddito, eccetera.
Adesso vado veramente, come si dice, a braccio. E quindi questa Onlus, della quale saluto la nascita – so che quindi avete scelto Bari per questo battesimo – avrà desiderio di lavorare in questo settore. Noi siamo a disposizione, so che avete un patrimonio ideale e tecnico molto importante, e cominciamo da qui. Perché se a un certo punto io ho cambiato funzione pubblica, e non l’ho fatto perché non sapevo che fare nella mia vita – ero molto contento del mio lavoro – ma mi ero reso conto che il cambiamento che cercavamo, perché penso che poi chiunque di noi cerca un cambiamento, un miglioramento della società nella quale vive, aveva bisogno della politica.
Ma la politica è una cosa complicata, militante, che però dà risultati simili a quelli di una bacchetta magica, perché io ho visto, sia pure con tante contraddizioni e tanti problemi, un cambiamento così rapido nella nostra terra, in termini positivi, da potervi dire, anche a tutti coloro che non si fidano di questo strumento e che hanno timore di coinvolgersi – devo dire, è una bolgia, una bolgia di conflitti, una bolgia di rapporti di potere, ma insomma non è neanche l’unico posto dove questi conflitti sono così forti – ma è una straordinaria bacchetta magica che, se ben utilizzata, può cambiare le cose.
E naturalmente nel rapporto con corpi intermedi come il Movimento per la Giustizia questo processo di cambiamento può essere fortemente accelerato secondo un principio di sussidiarietà che lascia alla libertà di associazione e alla sua capacità di auto-organizzazione un ruolo che probabilmente le istituzioni pubbliche non riescono a realizzare nel mondo del lavoro. Tutto questo è molto importante.
Se, esaminata la strategia di “Mare a Sinistra”, avremo voglia di integrarla con un incontro strutturato con la vostra organizzazione, noi saremo felici di raccogliere non solo i vostri consigli e le vostre suggestioni, ma anche eventualmente di organizzare una compartecipazione alla fase attuativa. Perché poi noi siamo tutti spesso molto bravi a parlare e molto meno bravi a fare e a cambiare le cose. Quindi io mi auguro che questo strumento che avete scelto e l’evoluzione, la strada evolutiva che state percorrendo, serva a cambiare le cose in concreto.
E quindi vi auguro buon lavoro e vi ringrazio di aver scelto Bari e la Puglia per questo momento fondativo.